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CONOSCIAMO MEGLIO LE EMOZIONI: GESTIRE O CONTROLLARE?

Se dovessi chiederti: “come ti senti in questo momento? Che emozione provi? Dove la senti?” Riusciresti a rispondere facilmente? Sembra banale, ma la maggior parte di noi ha difficoltà a riconoscere le proprie emozioni, a etichettare ciò che sente e ad esprimerlo a parole; infatti, a volte il corpo lo manifesta prima del linguaggio verbale. Vediamo insieme il perché.

Innanzitutto cerchiamo di dare una definizione di emozione: tra gli elementi comuni in letteratura troviamo che sono innate, associate a risposte fisiologiche e a stimoli, come una sorta di reazione interna di difesa della propria sopravvivenza. Ad esempio vedo un orso (stimolo esterno), ho paura (accelerazione battito cardiaco, sudorazione, agitazione, ecc.), scappo (risposta di attacco/fuga).



Esistono delle emozioni di base, o primarie, universali che tutti gli esseri umani (ma non solo) provano: la rabbia, la paura, la tristezza, il disgusto, la gioia.
Alcune di queste emozioni sono istintive, si attivano in una zona del cervello molto profonda, la zona dell’ipotalamo e amigdala, anche chiamata “cervello rettile o rettiliano” (MacLean, 1990), in quanto anche i rettili le provano: parliamo di rabbia, piacere sessuale, paura e disgusto. Gli esseri umani, come i rettili, sono mossi da un istinto o pulsione a soddisfare i bisogni primari. Vi è una corrispondenza psicosomatica tra questa zona del cervello e la zona del corpo della pancia, non a caso il detto “agire di pancia” vuol dire agire istintivamente.

Altre emozioni sono, per così dire, più relazionali, si attivano nella zona cerebrale limbica, detta anche “cervello mammifero”, poiché le emozioni che la caratterizzano sono provate da tutti i mammiferi: l’amorevolezza e la cura che solo una mammifera è capace di dare, nutrendolo il figlio non solo con il cibo ma anche con amore e devozione; a queste si aggiungono la giocosità e la ricerca dell’avventura, unita alla curiosità. La zona psicosomatica corrispondente è il cuore/petto/torace, “farlo col cuore” significa, infatti, farlo amorevolmente.

Ma allora che differenza c’è tra noi esseri umani e gli animali? Questi ultimi non hanno sviluppato la neocorteccia, che consente all’uomo l’uso del linguaggio, il ragionamento, la logica ma anche la creatività, la fantasia e l’intuito; ciò è dovuto alla presenza dei due emisferi specializzati in maniera differente. La zona psicosomatica corrisponde alla testa/collo/braccia, “agire di testa” vuol dire usare la ragione mentre “avere la testa tra le nuvole” vuol dire perdersi nelle proprie fantasie.

Cosa succede a livello psico-fisiologico quando ci emozioniamo? Come sappiamo all’interno del nostro corpo ci sono degli ormoni e neurotrasmettitori che, tra le varie funzioni, influenzano il nostro umore e comportamento. La rabbia e la sessualità, per esempio, sono determinate da alti valori di testosterone, sia nell’uomo che nella donna; la paura dal cortisolo; la cura e l’amorevolezza dall’ossitocina; la giocosità, lo spirito avventuriero e la ricerca dalla dopamina (Montecucco, 2010).
  
Se da un lato le emozioni sono innate, dall’altro la capacità di riconoscerle (in noi e negli altri), di esprimerle e gestirle si acquisisce grazie a quella che viene chiamata “intelligenza emotiva” (Goleman, 1995). Essa è definita come l'insieme di competenze emotive e sociali che permettono all'individuo di:

·                     riconoscere e provare le proprie emozioni (consapevolezza di sé);
·                     riconoscere e provare le emozioni degli altri (empatia);
·                     regolare e gestire le proprie emozioni (autocontrollo);
·                     motivarsi per raggiungere obiettivi (motivazione);
·                     entrare in relazione con gli altri (abilità sociale).

La mancanza di tale capacità è detta alessitimia, dal greco a = mancanza, lexis= parola e thymos= emozione: letteralmente “non avere le parole per le emozioni”.

Lo sviluppo dell’intelligenza emotiva avviene durante tutto l’arco della vita, a cominciare dai primissimi momenti dopo la nascita all’interno della relazione tra mamma e bambino, grazie al riconoscimento, al rispecchiamento e alla sintonizzazione affettiva (Stern, 1998). In altre parole, quando il bambino sorride, esprimendo gioia/contentezza/soddisfazione, la mamma sorridendo gli fa da specchio rimandandogli l’emozione e dandogli una risposta empatica; via via che il bambino crescerà la funzione genitoriale lo aiuterà a dare un nome alle sensazioni psicofisiche e alle emozioni.

Mentre impariamo a riconoscere e ad esprimere le emozioni, qualcosa può andare storto nella loro regolazione e gestione. Cosa vuol dire gestire le emozioni? Alcuni utilizzano alternativamente il termine (auto)controllo o gestione come se avessero lo stesso significato, in realtà c’è una sottile ma rilevante differenza tra l’uno e l’altro:
  •      l’autocontrollo, ovvero il controllo di sé, delle proprie emozioni, del proprio corpo o pensieri è dato da quella parte del cervello, la neocorteccia, in particolare l’emisfero sinistro che agisce come inibitore, impedendo l’espressione dell’emozione reprimendola.
  •      la gestione non implica una repressione o inibizione, ma piuttosto un’equilibrata e spontanea espressione dell’emozione che, non essendo stata repressa, non esplode o non si blocca.

La differenza è molto più semplice di quel che sembra, facciamo un esempio spostando l’oggetto dalle emozioni al cibo: controllare l’alimentazione vuol dire sottoporsi a diete drastiche che implicano digiuni, la completa eliminazione di cibi (che in realtà si desidera mangiare), salto di pasti, ecc.; spesso alcune conseguenze sono raptus di fame che spingono ad abbuffarsi, più altre che nuocciono alla salute. La gestione dell’alimentazione, invece, corrisponde a un regime alimentare equilibrato con pasti regolari, senza digiuni che non portano ad improvvisi “scoppi di fame”, mantenendo il corpo in forma e sano.

Lo stesso meccanismo funziona con le emozioni, facciamo degli esempi di controllo delle emozioni: sto guardando un film, ci sono delle scene commoventi, invece di lasciar fluire l’emozione che arriva, magari attraverso le lacrime, la reprimo ed inibisco, forse per vergogna o per altro mosso dalla razionalità della neocorteccia, ossia è la mente che controlla ed inibisce; chiudendone l’espressione può succedere che l’emozione si blocchi in gola e dia la sensazione del “magone”. 
O ancora, succede qualcosa di frustrante, sento la rabbia che mi sale, ma la inibisco trattenendo e reprimendo l’emozione. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di autocontrollo (come per la dieta), in realtà è una repressione di quell’emozione di base che in quanto tale non può essere eliminata, ma così facendo viene inibita dando luogo a possibili conseguenze come lo scoppio esplosivo “effetto pentola a pressione” della collera (con urla, agiti violenti, distruttivi/autodistruttivi), o della tristezza (pianto disperato e angosciato), per non parlare delle possibili somatizzazioni (gastriti, ulcera, indigestione, tensione muscolare, ecc.). 

Questo pseudo autocontrollo è solo un modo per nascondere (e accumulare) la polvere sotto il tappeto, ma che non aiuta a tenere pulita e in ordine la casa. 
Come dice Jack Nicholson nel film “Terapia D’urto”: << ci sono due generi di persone irascibili: esplosive ed implosive; esplosivo è il genere di individuo che si mette ad inveire contro la cassiera che non gli accetta i buoni pasto, implosivo è la cassiera che rimane tranquilla giorno dopo giorno… e alla fine spara e fa secchi tutti >>.

La gestione delle emozioni, d’altro canto, si acquisisce con il tempo, esprimendo le emozioni che giungono, senza reprimerle. Negli esempi precedenti, la persona che guarda il film si commuove liberamente, lasciando cadere la lacrima ed esprimendo l’emozione che c’è (tristezza, gioia, dolore, ecc). La persona frustrata che ha imparato a gestire le emozioni, si arrabbia senza esplodere, la esprime sentendo e accettando l’emozione che giunge, la può esprimere in vari modi, senza danneggiare se stesso o gli altri. Che sia con la dieta o con le emozioni, chi gestisce mangia regolarmente, senza digiunare per poi abbuffarsi ed esprime le emozioni senza esplodere in crisi colleriche o di pianto.

Spesso l’incapacità o la difficoltà a gestire i propri vissuti interni può dipendere da un mancato apprendimento durante lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e da uno squilibrio tra i 3 livelli psicosomatici: mente, corpo ed emozioni. Per cui può accadere che siamo strutturalmente molto controllanti e diveniamo inibiti e/o implosivi o molto istintivi diventando esplosivi e reattivi.
Un lavoro sulla gestione delle emozioni può essere fatto con un professionista della salute psichichica, lo Psicologo, che oltre al colloquio può includere altre tecniche per aiutare la persona a riconoscere la propria struttura di base, riequilibrare le componenti emotive, somatiche e cognitive, riconoscere ed esprimere le sensazioni fisiche, affettive e corporee, imparare tecniche specifiche di espressione, gestione e consapevolezza come, ad es. la Mindfulness Psicosomatica.


Per approfondimenti:

  • Montecucco N., Psicosomatica Olistica. Mediterranee, 2010.
  • MacLean P.D., The triune brain in evolution. Role in paleocerebral functions, New York, Plenum Press, 1990.
  • Goleman D., Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli, 1997.