Basta fare una semplicissima ricerca su google scrivendo depressione, e voilà una
lista di sintomi e criteri diagnostici
di uno o più manuali psichiatrici che indicano cosa occorra avere o non avere
(mi raccomando, un certo numero esatto di sintomi) per poter essere veramente
classificata come depressione! Al di là del tono sarcastico, di fatto il confine tra ciò che è patologico e
non, è molto sottile ma anche ben definito, infatti viene diagnosticata la
depressione maggiore solo se si hanno almeno
5 sintomi secondo un criterio e se ne soddisfano altri due. Quando ci sono “solo” 4 o 3
sintomi? Cosa vuol dire che non è patologia, ovvero malattia e quindi si sta
bene? Spesso questi casi vengono inseriti in altri disturbi dell’umore o non
altrimenti specificati.
Ma oggi non voglio parlare dei criteri diagnostici, né di
manuali o psicologismi vari… non voglio rifermi al disturbo di depressione maggiore
o altri disturbi dell’umore, bensì a tutto ciò che è dentro, fuori ed intorno
alla depressione, intesa come ciò che viene definito il “male dei nostri giorni”, come indicato dai dati statistici dell’OMS
(Organizzazione Mondiale della Salute) secondo cui 1/5 della popolazione
mondiale è depresso.
Cominciamo dall’etimologia… Dal latino depressionis e dal
verbo de (giù) – primere (premere, pigiare), ossia
premere in giù, è un’espressione che indica che qualcosa o qualcuno va verso il basso: l’umore, la tensione
nervosa, la forza, la vitalità… E se va verso il basso, cala, vuol dire che in
un certo periodo di tempo era più su.
La depressione viene frequentemente descritta come il mal di vivere, o detto in altre parole,
il vivere male! Si vive male perché
è successo qualcosa (un lutto, una separazione, una perdita), perché non si
riesce ad adattarsi a dei cambiamenti intorno a sé, perché non ci si diverte
più (come prima), perché non si prova più gusto, piacere, non ci si gode la
vita, la vita sociale è insoddisfacente (o quasi nulla); tutto diventa pesante
e difficile da fare, persino le cose semplici e basilari come l’alzarsi da un
letto, lavarsi, vestirsi, lavorare o fare qualsiasi attività. Questo video rende molto bene l’idea. I sintomi depressivi possono essere la causa
principale del malessere o derivare da un’altra causa, quindi essere
secondaria.
Il quadro completo di una depressione implica una sofferenza
a tutti i livelli: fisici, cognitivi, emotivi. Si può affermare che il disagio,
disturbo o blocco (psicosomatico) si manifesta a livello psicosomatico, in cui
vi è un coinvolgimento di tutti i sistemi di coscienza, appunto, quella
corporea, quella emotiva e quella mentale (Montecucco, 2005).
Secondo la psicosomatica (olistica), infatti, l'individuo
è considerato nella sua totalità,
in cui mente-emozioni-corpo non solo sono strettamente connessi, ma
fanno parte di un "sistema unitario psicosomatico" governato dalla coscienza di sè. Il corpo, che rappresenta la parte fisica
e istintiva delle pulsioni primarie (sesso, piacere, rabbia, paura),
corrisponde all'area più interna del cervello,
quello rettile (McLean, 1972); le emozioni o funzioni affettive di cura, socializzazione, passione e
tristezza sono gestite dalla zona limbica cerebrale (cervello mammifero);
infine le funzioni logiche razionali ed
intuitive della mente corrispondono alla parte neocorticale tipica
del cervello umano. Ad ogni coscienza e area cerebrale corrisponde
una zona corporea: pancia, torace e testa.
Si pensi che nell’addome, precisamente nell’intestino, viene
prodotto ben il 90% della serotonina,
l’ormone del piacere, il piacere di vivere nel proprio corpo, di sentirlo e
goderselo. Si tratta di un neurotrasmettitore che influenza l’umore, il ritmo
sonno-veglia, il senso di sazietà e i processi cognitivi come la memoria e la
concentrazione (tutti elementi sintomatici protagonisti nelle depressioni).
Non
a caso, in alcune terapie farmacologiche per la depressione vengono somministrate
sostanze che vanno ad aumentare i livelli serotoninici o fanno in modo che non
si riducano. Un altro ormone legato ai sintomi depressivi è la dopamina, collegato alla passione, alla
motivazione, all’entusiasmo di ricercare un piacere gratificante; un eccesso di
dopamina porta all’euforia (o agli stati maniacali), una carenza, invece, alla
depressione. Insieme alla dopamina, svolge un ruolo molto importante
nell’attenzione anche la noradrenalina
che, se presenta bassi livelli può portare a confusione, difficoltà di
concentrazione, demotivazione, bassa capacità di prendere decisioni.
Oltre alla pancia, nella depressione è coinvolta anche un'altra parte del corpo, il petto/cuore. Infatti essa spesso viene descritta come una
chiusura di sé o del sé, che in psicosomatica viene rappresentato al centro del petto, esattamente dove indichiamo noi stessi per dire "io" o "me". In altre parole la depressione raffigura una chiusura
del cuore (torace), pensiamo ai modi di dire come “mi si stringe il cuore”,
“mi piange il cuore”, “mi si è spezzato il cuore”, “ho il cuore in gola” che esprimono somaticamente una condizione di sofferenza, angoscia e dolore. La
medicina antica considerava il cuore come la sede delle emozioni, seppur nelle
scienze moderne a partire da Ippocrate, questa si sia “trasferita” nel cervello
e come precedentemente indicato, la neurofisiologia di Mclean riconosce il
sistema limbico quale gestore delle emozioni di amorevolezza e cura.
Similmente attraverso un bodyscan psicosomatico è possibile
individuare i blocchi a livello del torace (appunto sul cuore) per prendere consapevolezza ed entrare in contatto con le proprie emozioni “bloccate in gola o nel
cuore”, fino ad arrivare ad un lavoro profondo di scioglimento degli stessi.
Vediamo, dunque, come mente-corpo-emozioni siano
strettamente connessi ed interagenti; per tale motivo è significativamente
importante andare a lavorare su tutto il sistema unitario o sui 3 livelli
attraverso le pratiche psicosomatiche.
Ad esempio cominciando con le tecniche di grounding (radicamento), di
energetica (dolce e forte) e/o la mindfulness psicosomatica, una persona che ha
perso il piacere corporeo e quello di esistere, può recuperarlo percependo il
proprio corpo, sentendo che è vivo, respira, va in tensione e si rilassa. In
questo modo può riscoprire l’entusiasmo, il piacere, aumentare la produzione di
serotonina, dopamina e noradrenalina, riprovare la gioia e la vitalità.
Un aspetto rilevante della mindfulness è, inoltre, l’accettazione, accettare le cose così
come sono e con sospensione del giudizio. Quando una persona ha un disagio,
qualunque esso sia, come la depressione, fatica a riconoscersi, sente di non
essere più com’era prima, si riempie di senso di colpa, in poche parole non si
accetta. E come ho già affermato altre volte, questo è il primo passo per il
cambiamento. Accettare di essere così in questo momento, nel qui e ora e
cominciare a fare un percorso su di sé.
L'accettazione di sè avviene attraverso un' auto-osservazione senza giudizio, semplicemente accogliewndo ciò che c'è. Questo è, infatti, il lavoro base della pratica della mindfulness.
L'accettazione di sè avviene attraverso un' auto-osservazione senza giudizio, semplicemente accogliewndo ciò che c'è. Questo è, infatti, il lavoro base della pratica della mindfulness.
Per ulteriori informazioni:
Montecucco F. N. (2005), Psicosomatica
Olistica, Edizioni Mediterranee, Roma.
Montecucco F. N., Psicosomatica
PNEI-Il Nuovo Paradigma delle Neuroscienze. (in pubblicazione)