Recentemente
ho visto in televisione una pubblicità in cui il protagonista soffre
di bruciore di stomaco a causa di un forte stress lavorativo,
così per “risolvere il problema” gli viene proposto un farmaco
contro il suo sintomo fisico.
Mettendo
da parte ogni discorso sul tipo di farmaco e sulle varie modalità di
cura (in quanto non di mia competenza) e mostrando ogni gratitudine
per essere in un periodo storico in cui le scienze e la medicina ci
permettono di curarci, ciò che ha attirato la mia attenzione e
indotto una riflessione è stato quanto ancora oggi ci si concentri
sulla cura e i rimedi piuttosto che sulla prevenzione dei
“mali”.
Pur
apprezzando l'associazione tra evento-sintomo psicologico e sintomo
fisico, forse per (de)formazione professionale, oltre ad indicazioni
risolutive di cura dal punto di vista prettamente fisico, avrei
proposto altri tipi di “soluzioni” che includano la prevenzione
fisica, psicologica e sociale; d'altronde l'Organizzazione Mondiale
della Salute stessa definisce lo stato di salute come quel “completo
benessere fisico, mentale e sociale"
(OMS, 1948).
Troppo
abituati a pensare a noi stessi come se
corpo e psiche fossero scissi e divisi in compartimenti stagni, a
volte facciamo fatica a capire che corpo e mente si influenzano a
vicenda; anzi, da un punto di vista olistico le due entità,
psichiche e somatiche, non risultano affatto separate, ma piuttosto
sono un tutt'uno mente-corpo.
Con
quest'ottica possiamo pensare ad interventi che, da un lato curano e
dall'altro prevengono lo stress.
Innanzi tutto cerchiamo di spiegare
meglio cosa sia lo stress (vedi anche qui), oggi diventata una
parola molto alla moda.La tendenza generale è quella di
considerarlo un evento negativo, mentre in realtà non è tanto
l'evento in sé, quanto come esso venga interpretato dall'individuo,
in riferimento al rapporto tra le proprie richieste e risorse. A
livello fisiologico, si tratta di un processo di adattamento
dell'organismo davanti ad un agente (stressor) percepito come
stressante (che eccede nelle richieste rispetto alle proprie
risorse).
Tale processo avviene in 3 fasi: allarme, resistenza, esaurimento (Seyle, 1956).
Tale processo avviene in 3 fasi: allarme, resistenza, esaurimento (Seyle, 1956).
- La fase di allarme è innescata quando l'organismo è provocato dallo stimolo stressante, per cui avviene un'attivazione psicofisiologica in cui il SNA viene sollecitato per far fronte all'emergenza o evento critico, dando luogo all’aumento del battito cardiaco, della circolazione sanguigna e della produzione di ormoni.
- Nella fase di resistenza l'organismo si adatta alle nuove richieste, si mobilitano le risorse per cercare di combattere e contrastare gli effetti negativi dello stressor e vengono prodotte risposte ormonali (ormoni antinfiammatori, corticosurrenali).
- Infine, se questa fase si prolunga nel tempo, lo stress diventa troppo intenso causando un crollo delle difese che rende incapace l'organismo di adattarsi ulteriormente e provoca uno stato di affaticamento (fase dell'esaurimento) che può portare alla comparsa di sintomi psicosomatici (come bruciore di stomaco, mal di testa, dist. del sonno, ecc.).
Se
la situazione stressante (richiedente) è acuta, ma si esaurisce nel
momento in cui viene raggiunto un obiettivo, si parla di “stress
positivo”, eustress, in cui l'organismo riesce ad
adattarsi e a reagire con prontezza, concentrazione ed efficacia; se,
invece, lo stressor è intenso e cronico, distress,
l'organismo attiva ripetutamente delle risposte fisiologiche fino
all'esaurimento delle difese, causando insicurezza, ansia, rabbia e
sensi di colpa per l'incapacità di raggiungere l'obiettivo.
Si
parla di burn-out (Freudenberger, 1974), invece, quando le
richieste in ambito lavorativo (specie nelle relazioni d'aiuto)
vengono avvertite non solo come eccedenti le proprie risorse, ma
diventano intollerabili, portando ad uno stato di logoramento
(esaurimento, svuotamento delle risorse e sensazione di inaridimento)
mentale e di energie fisiche, e ad un senso di impotenza per non
riuscire a cambiare la situazione. Si possono manifestare sintomi
fisici (mal di testa, fatica, disturbi gastrointestinali,
insonnia, inappetenza o iperfagia); psicologici (negativismo,
alterazione dell'umore, sfiducia in sé, sensi di colpa, scarsa
empatia, distacco emotivo); comportamentali sul lavoro
(assenteismo, ritardi, tendenza a spostare gli appuntamenti).
Dal
punto di vista psicologico, nell'immediato si potrebbe intervenire
con vari tecniche e pratiche, oltre al colloquio, come le tecniche di
rilassamento, il training autogeno, la mindfulness, che inducono il rilassamento e stimolano la presa di
consapevolezza. Essere consapevoli di star vivendo una situazione di
disagio, riconoscerne i sintomi e la percezione stressante che ne
stiamo dando è il primo passo; le tecniche di rilassamento possono
aiutare l'organismo ad uscire dalla fase di esaurimento, mettendo “in
pausa” il sistema mente-corpo dalle troppe richieste ambientali e
dar modo alle risorse di emergere. Altre azioni utili ed
importanti possono essere il fermarsi, smettere di correre e
concentrarsi sulle cose più importanti, lasciare il lavoro alle
spalle quando si rientra in casa e ricavarsi dei tempi per sé, per
gli hobbies e le proprie passioni.
Sul
piano sociale, l'azione dovrebbe essere in parte diretta sul luogo
d'insorgenza del problema (lavoro), ove possibile parlare con il
responsabile delle risorse umane (se lavoratori dipendenti), con lo
psicologo aziendale (se presente), cercare di risolvere eventuali
incomprensioni o conflittualità con colleghi, uscire con amici e
persone care.
Dal
punto di vista fisico, una sana alimentazione, equilibrata nelle
porzioni e proprietà nutritive, la pratica di sport o attività
fisica quotidiana (almeno 30 min al giorno) e sane relazioni intime
ed affettive, possono aiutare l'organismo a produrre le “sostanze
della felicità", ovvero sostanze psicoattive che
influenzano gli stati d'animo, tra queste
le endorfine, la serotonina, l'ossitocina che innalzano la
soglia del dolore, producono euforia e benessere, contrastando lo
stress.
Questi
stessi interventi, effettuati nel tempo, possono costituire l'azione
preventiva che aiuterà l'organismo a non andare in esaurimento e ad
adattarsi meglio alle situazioni richiedenti. Le pratiche di
consapevolezza, oltre ad indurre il rilassamento, aiuteranno a
gestire il sovraccarico di
emozioni e pensieri ansiogeni, a facilitare il non giudizio e a
interpretare in modo meno catastrofico gli eventi, i quali potranno
diventare delle opportunità di crescita personale; si
diventerà, in qualche modo, più resilienti,
ossia capaci di andare avanti nonostante le avversità e imparando da
esse.
Per
ulteriori approfondimenti:
- Seyle, H. (1956). The Stress of life. York: McGraw-Hill.
- Freudenberg, H. J. (1974). Staff burn-out. Journal of Social Issues, 30(1), 159-165.
- Pagliaro G.; Martino E.; La mente non localizzata. La visione olistica e il modello mente-corpo in psicologia e medicina.